domenica 8 giugno 2008

Gomorra: una sinfonia sulla tristezza


Crudo, drammatico, autenticamente reale. Solo così può essere definito Gomorra il recente film di Matteo Garrone tratto dall'omonimo libro di Roberto Saviano già vincitore del Premio Viareggio come miglior opera prima. Il capolavoro di Garrone segue le fortune del libro e viene premiato a Cannes col Gran Premio della Giuria pur meritando ampiamente secondo il parere di molti il premio come miglior film.
Gomorra è una musica, una sinfonia che intreccia e alterna generi musicali differenti sotto forma di arte cinematografica. Ci sono le melodie spirituali alla Lou Redd, il pesante industrial gotic tipico dei più vecchi Marilyn Manson e pezzi blues moderni alla Ryan Adams, il tutto scandito da una regia sempre attenta ai movimenti di camera e all'estetica delle inquadrature. Non c'è niente di più simile alla tristezza perfetta di Lou Reed che la scena del commiato tra Totò e il suo amico di sempre che si salutano con un bacio dopo essersi promessi di non indugiare nell'uccidersi a vicenda nella guerra tra gli scissionisti e il clan di Don Lauro che impazza a Scampia: una guerra i cui colpi di mitra, di pistola, di kalashnikov rimbombano pesantemente nel cervello dello spettatore ancora più potenti dei colpi di batteria sintetica tipica della musica del reverendo Manson. Sono più un allegro ma malinconico blues alla Ryan Adams i camion pieni di scorie tossiche che, guidati da ragazzini forse inconsapevoli ma sicuramente eccitati per il compito affidatogli, riverseranno il loro pestilenziale contenuto nelle ferite della terra campane, nelle cave che diventeranno il loro segreto nascondiglio: "com'è rovinata questa campagna, tutta piena di fossi" dirà una vecchietta al giovane Roberto donandogli un cesto di pesche putride prima che lui decida di abbandonare quel lavoro che rende anche i frutti della terra immondi e immangiabili.
E salterebbero sicuramente alla mente dello spettatore altri accostamenti musicali da riportare se, man mano che la sinfonia procede, la verità del film non si stagliasse incontrovertibile contro un'orizzonte illuminato dalle luci dell'alba. Quello stesso orizzonte che in una mattina d'estate come tante altre vede la morte di Marco e Ciro, due ragazzi cresciuti nel mito di Tony Montana detto Scarface, freddati dai casalesi perchè avevano osato "avere le palle".
Ed eccola la verità che Garrone ci rivela, eccola in tutta la sua cruda, drammatica, autentica realtà: la Camorra prima fabbrica sogni e poi li uccide, prima genera persone tristi e poi li distrugge, prima produce miseria e poi ti toglie anche quella.