sabato 23 gennaio 2010

Altro cannolo per Cuffaro

Ieri i giudici si erano riuniti in Camera di Consiglio. Oggi la sentenza. Si vede che non avevano molti dubbi. Salvatore Cuffaro, attuale Senatore della Repubblica nelle file dell'Udc, è stato condannato a 7 anni di reclusione per favoreggiamento aggravato e rivelazione di segreto istruttorio. L'aggettivo "aggravato" si riferisce al fatto che Cuffaro non avrebbe favorito un pinco pallino qualunque bensì Giuseppe Guttadauro. E si da il caso che Guttadauro altri non sia se non l'ex boss di Cosa Nostra di Brancaccio. La sentenza di primo grado aveva escluso l'aggravante mafiosa.

Secondo la terza sezione della Corte d'appello di Palermo, invece, Cuffaro si sarebbe incontrato con Michele Aiello, ritenuto un prestanome di Provenzano, nel retrobottega di un negozio di Bagheria e gli avrebbe fatto sapere che nell'abitazione di Guttadauro erano state installate delle microspie. Naturalmente questa informazione da niente aveva fatto saltare tutta l'inchiesta. Secondo Cuffaro l'incontro aveva avuto come tema il tariffario regionale dei farmaci. Come se questa fosse una giustificazione. E come se il Presidente della Regione Sicilia, se deve avere un incontro lecito con una persona, gli da appuntamento nel retrobottega di un negozio di abbigliamento. Ovvio no?

Cuffaro ha dichiarato: "So di non aver mai voluto favorire la mafia e di essere culturalmente avverso a questa piaga, come la sentenza di primo grado aveva riconosciuto. Prendo atto però della sentenza della corte di appello. In conseguenza di ciò lascio ogni incarico di partito. Mi dedicherò con la serenità che la Madonna mi aiuterà ad avere alla mia famiglia e a difendermi nel processo, fiducioso in un esito di giustizia".
Lorenzo Cesa, segretario dell'Udc, ha commentato la notizia in questo modo: ''Le dimissioni di Cuffaro da ogni incarico di partito sono sul piano politico piu' eloquenti di ogni nostra parola. Sul piano personale e' per noi il momento dell'affetto e della vicinanza a lui e alla sua famiglia''.

Quello che non dice nessuno, tranne stranamente il Corriere della Sera, però, è il fatto che in primo grado il nostro Totò era stato condannato anche all'interdizione perpetua dai pubblici uffici. Interdizione che sarebbe divenuta effettiva solo se la sentenza fossa stata confermata anche in secondo grado. Ciò è avvenuto. Teoricamente quindi, sarebbe il momento per l'ex Presidente della Regione Sicilia, di dimettersi dal suo incarico di Senatore o, addirittura, le dimissione dovrebbero scattare automaticamente. Oppure la sentenza deve essere definitiva e quindi deve prima passare dalla Cassazione? Devo aspettare il Passaparola di lunedì per sapere, da un giornalista con i coglioni, se le mie supposizioni sono giuste? O forse, finalmente, in questo paese di lombrichi qualcuno avrà il coraggio di dire come stanno le cose?

Dato che mi secco di aspettare lunedì ho utilizzato l'unico mezzo di conoscenza a mia disposizione per cercare la risposta ai miei dubbi, ovvero la rete. L'unica risposta che ho trovato è da parte di una ragazza su Yahoo Answer. Risponde a chi, sconcertato, si chiedeva come Cuffaro potesse essere stato eletto in Senato essendo stato condannato in primo grado all'interdizione dei pubblici uffici. Questa ragazza sostiene che si deve attendere la sentenza definitiva (quindi in Cassazione) ed inoltre questo non sarà sufficiente: egli, infatti, non decadrebbe automaticamente ma solo in seguito ad un voto del Parlamento seguito ad un procedimento in Commissione. Per Previti ci misero più di un anno. Ecco perchè Totò è così sereno. Assurdo che io debba cercare le risposte ai miei dubbi su Yahoo Answer vero? Non esiste un solo giornalista che oggi abbia scritto di questa cosa e abbia spiegato bene ed in modo esauriente la situazione.

Intanto, sempre per una questione di amore per la cultura, incollo qui un pezzo del Codice Penale:

Capo III – DELLE PENE ACCESSORIE, IN PARTICOLARE

Art. 28 – Interdizione dai pubblici uffici

L’interdizione dai pubblici uffici è perpetua o temporanea.

L’interdizione perpetua dai pubblici uffici, salvo che dalla legge sia altrimenti disposto, priva il condannato:

1) del diritto di elettorato o di eleggibilità in qualsiasi comizio elettorale, e di ogni altro diritto politico;
2) di ogni pubblico ufficio, di ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio, e della qualità ad essi inerente di pubblico ufficiale o d’incaricato di pubblico servizio;
3) dell’ufficio di tutore o di curatore, anche provvisorio, e di ogni altro ufficio attinente alla tutela o alla cura;
4) dei gradi e delle dignità accademiche, dei titoli, delle decorazioni o di altre pubbliche insegne onorifiche;
5) degli stipendi, delle pensioni e degli assegni che siano a carico dello Stato o di un altro ente pubblico;
6) di ogni diritto onorifico, inerente a qualunque degli uffici, servizi, gradi, o titoli e delle qualità, dignità e decorazioni indicate nei numeri precedenti;
7) della capacità di assumere o di acquistare qualsiasi diritto, ufficio, servizio, qualità, grado, titolo, dignità, decorazione e insegna onorifica, indicati nei numeri precedenti.

L’interdizione temporanea priva il condannato della capacità di acquistare o di esercitare o di godere, durante l’interdizione, i predetti diritti, uffici, servizi, qualità, gradi, titoli e onorificenze.
Essa non può avere una durata inferiore a un anno, ne superiore a cinque.
La legge determina i casi nei quali l’interdizione dai pubblici uffici è limitata ad alcuni di questi.