lunedì 11 gennaio 2010

Bastardo negro non mi dire che sono razzista!

Siamo il paese delle contraddizioni in termini. Siamo il paese in cui chiunque, da qualunque posizione e in qualunque veste si può permettere di dire qualunque cosa senza che nessuno controbatta alcunché. Anche se quello che sta dicendo è una evidente assurdità. Anche se in un qualunque altro paese civile dovrebbe dimettersi immediatamente solo per averlo detto. I sottoposti, i dipendenti dell'impero mediatico della classe politica italiana (no non solo quello di Berlusconi) non hanno niente da dire, non sanno come dirlo o nel peggiore dei casi non vogliono dirlo. Giocano la loro parte come i politici giocano la loro. In totale simbiosi.

Siamo il paese in cui il ministro degli Esteri Franco Frattini, quello della Funzione Pubblica Renato Brunetta e quello del Lavoro Maurizio Sacconi possono permettersi di annunciare pubblicamente che si recheranno ad Hammamet, il prossimo 17 Gennaio, in occasione della commemorazione della morte di Bettino Craxi, senza che nessuno dica assolutamente niente. Senza che nessuno (se non i soliti noti sia inteso) sia in grado di dire una cosa semplicissima: "Siamo in uno stato di diritto? Bettino Craxi è stato condannato a 10 anni di reclusione da regolari tribunali in regolari processi e con regolari sentenze (senza contare le sentenze non definitive e i reati prescritti) ? Nessun ministro della Repubblica può permettersi di partecipare alla commemorazione pubblica di un latitante senza implicitamente dichiarare di non ritenere valide quelle sentenze ovvero senza implicitamente dichiarare di non credere che il nostro paese sia uno stato di diritto. Cosa in se assurda. Punto". E' così difficile?

Siamo il paese in cui il ministro dell'Interno, Roberto Maroni può permettersi di dire, di fronte ad un gruppo di schiavi moderni (perché questo sono) che si ribellano alla stato delle cose (dando come sempre lezione di senso civico, di orgoglio e di capacità di prendere in mano la propria vita ai "cittadini" di questo paese di checche), che la colpa della situazione è di chi in passato ha troppo tollerato l'immigrazione clandestina, dicendo implicitamente che la responsabilità della totale sovranità della criminalità organizzata in certe aree del paese (se non ovunque) e del dilagare incontrollato del lavoro nero e delle morti bianche è di quei poverazzi che scappano dal loro paese nell'illusione di trovare qui la possibilità di vivere in maniera civile, e non di una classe dirigente, se non collusa e anch'essa criminale, certamente assolutamente inetta. La colpa non è di chi approfitta della miseria altrui. La colpa è di chi è disperato e per sopravvivere subisce quello che può.

Avete sentito dire qualcosa di sensato, da parte di qualcuno in uno qualunque dei canali televisivi italiani in una qualunque trasmissione, riguardo questi temi? Assolutamente no. Gli italiani vivono di televisione! E quindi da ciò se ne deduce che gli italiani automaticamente riterranno che è giusto commemorare un latitante ed è giusto intitolargli una via a Milano. Riterranno giusto espellere immediatamente gli immigrati clandestini che si sono ribellati anziché affrontare la situazione come qualunque paese serio farebbe ovvero iniziando veramente una lotta senza quartiere a qualunque forma di illegalità. Ecco che la storia del nostro paese e del mondo intero, interi millenni di storia che dovrebbero guidare le scelte per il futuro, è cambiata sotto i nostri occhi.

Il nostro paese è malato e come sempre il primo passo per guarire è accorgersi della malattia. A quando?